Raffaello Sanzio
Le riflettografie rivelano un fitto tracciato di linee convergenti verso la porta del tempio, che definiscono l’impianto prospettico dell’immagine nel pieno rispetto delle indicazioni fornite dal trattato De prospectiva pingendi di Piero della Francesca. Grazie a questo artificio, il tempio diviene il centro ottico della composizione e la posizione delle figure, disposte a semicerchio, bilancia l’andamento convesso dell’architettura, a sua volta resa con tale precisione da suggerire agli studiosi l’esistenza di un modello ligneo.
Tutti gli elementi sono legati da relazioni matematiche di proporzione e sono disposti secondo un preciso e serrato ordine gerarchico.
La realizzazione di questo coerente organismo esprimeva appieno le riflessioni di Raffaello, che intendeva la bellezza come ordine astratto di rappresentazione geometrica e riteneva compito dell’artista “fare le cose non come le fa la natura ma come ella le dovrebbe fare”.
Lo sposalizio di Maria e Giuseppe avviene in primo piano, con al centro un sacerdote che, tenendo le mani di entrambi, officia la funzione. Come da iconografia tradizionale, dal lato di Maria, in questo caso la sinistra, si trova un gruppo di donne, da quello di Giuseppe di uomini, tra cui uno, presente in tutte le versioni del soggetto, che spezza con la gamba il bastone che, non avendo fiorito, ha determinato la selezione dei pretendenti. Maria infatti, secondo i vangeli apocrifi, era cresciuta nel Tempio di Gerusalemme (quindi con uno stile di vita casto, simile a quello delle monache) e quando fu giunta in età da matrimonio venne dato a ognuno dei pretendenti un ramo secco, in attesa di un segno divino: l’unico che fiorì fu quello di Giuseppe.
La disposizione dei personaggi in primo piano non è allineata e con pose rigidamente bilanciate e simmetriche, ma più naturale, con una maggiore varietà delle pose e dei raggruppamenti. Grazie al punto di vista rialzato si legge meglio la loro disposizione nel grande riquadro del lastrone al suolo, con una forma che crea un emiciclo e bilancia la forma convessa dell’architettura di sfondo. Il semicerchio alla base delle figure è il primo di una serie che attraversa la tavola, attraverso la cupola e la sagoma stessa del dipinto.
La stesura cromatica dimostra un uso più corposo del colore, con una migliore resa della plasticità e della calda atmosfera, grazie a una gamma di sfumature più ampia di quella dei pittori quattrocenteschi, che proietta già Raffaello verso la conquista della “Maniera moderna”.
Nell’opera è assente il pathos, tipico di Michelangelo, per lasciare il posto a un’impostazione classica: le figure sono legate da una vaga e poetica malinconia in cui nessuna espressione è più caricata di altre, nemmeno quella del pretendente che spezza il ramo in segno di rancore, in alcun modo corrucciato o teso, ma ugualmente aggraziato.
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