Cristo morto nel sepolcro e tre dolenti

Andrea Mantegna

L’iconografia dell’opera, probabilmente destinata alla devozione privata dell’artista, rimanda allo schema compositivo del Compianto sul Cristo morto, che prevede la presenza dei dolenti riuniti attorno al corpo preparato per la sepoltura, deposto sulla pietra dell’unzione e già cosparso di profumi.
La composizione produce un grande impatto emotivo, accentuato dall’impressionante scorcio prospettico: il corpo di Cristo è vicinissimo al punto di vista dello spettatore che, guardandolo, è trascinato al centro del dramma; inoltre, ogni dettaglio viene esaltato dal tratto incisivo delle linee, che costringono lo sguardo a soffermarsi sui particolari più terribili, sulle membra irrigidite dal rigor mortis così come sulle ferite, ostentatamente presentate in primo piano come stabilito dalla tradizione di questo genere d’immagine.
Si tratta di un vertice assoluto della produzione mantegnesca, un’opera che per la forza espressiva, per la severa compostezza e per la maestria della finzione prospettica è diventata uno dei simboli più noti del Rinascimento italiano.

“Avete mai visto un Cristo così? L’estremo scorcio prospettico del corpo è sconvolgente, quasi blasfemo. Non c’è speranza di resurrezione su quel tavolo freddo da obitorio. Eppure la Sua presenza è molto intensa: le mani contorte, le ferite ormai secche, i lineamenti forti e le pieghe scolpite del sudario. Almeno Maria può piangere, mentre noi ci sentiamo intrusi, guardoni. Vi pare strano che questo dipinto non abbia mai lasciato lo studio di Mantegna? Chi avrebbe potuto comprarlo? E lui, come avrebbe potuto lasciarlo andare?”.
Sarah Dunant

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